La sera di Capodanno a Milano 12 ragazze, ma sicuramente sono di più, sono state molestate sessualmente da oltre 50 ragazzi di origine straniera.
Hanno subito violenze spesso anche per 20 minuti, venendo toccate da decine di mani contemporaneamente. Si è ripetuto quanto avvenuto nel 2016 durante il capodanno a Colonia con tantissime donne aggredite e molestate da decine di uomini.
Quando parliamo di rispetto delle donne dobbiamo avere il coraggio di non girare la testa dall’altra parte quando si discute dell’immagine della donna in certe comunità, parlo di quelle islamiche. Queste violenze, che in arabo si chiamano molestie collettive, sono figlie di un’idea consolidata: la donna come oggetto, come essere da sottomettere e opprimere.
Questi delinquenti sono figli di un’immigrazione senza freni e non gestita e sono il prodotto di un’integrazione fallita, anzi, mai veramente aspirata!
Non possiamo sopportare che nelle piazze europee le donne siano costrette, in un giorno di festa, a tali terribili momenti.
L’Unione Europea chiude però gli occhi: parliamo troppo spesso di islamofobia e pochissimo di come le donne siano trattate in nome della religione.
Penso al velo islamico che per alcuni di voi è un simbolo di libertà quando invece è sinonimo di sottomissione, di una donna che deve essere costretta a coprirsi. Penso al caso di Saman, giovane ragazza uccisa in Italia dalla sua famiglia pakistana perché non voleva mettersi il velo e rifiutava il matrimonio che le volevano imporre.
Da donna, da madre, non posso accettare il silenzio buonista di certa sinistra che ha cercato in ogni modo di negare il collegamento tra le violenze di Milano, l’immigrazione e il ruolo della donna in ambienti islamici. Purtroppo anche questa istituzione sembra più interessata al linguaggio di genere che a difendere le donne dalla violenza!