La sinistra italiana viene sbugiardata dal governo socialdemocratico della Danimarca.
L’esecutivo danese di centrosinistra ha infatti presentato una proposta di legge per obbligare una buona parte degli immigrati che ricevono sussidi statali a lavorare 37 ore a settimana per aver diritto al contributo. Si tratta di una soluzione avanzata per favorire una effettiva integrazione dei profughi, evitando così di avere nel Paese “troppi stranieri disoccupati”.
L’idea che sta dietro a questa proposta è quella di condizionare l’erogazione di sussidi sociali per gli immigrati solo se svolgeranno un determinato numero di ore di lavoro.
L’obiettivo è quello quello di far sì che gli stranieri si attivino nel campo dell’integrazione senza approfittare degli aiuti economici forniti dallo Stato. Nello specifico si vorrebbe applicare questa regola a tutti quegli immigrati che percepiscono il sussidio “da 3 o 4 anni” e non hanno ancora superato “il livello 2 negli esami di lingua danese”.
La sintesi della proposta è chiara: chi viene in Danimarca deve lavorare e sostenere sé stesso e la propria famiglia. Se uno non ce la fa deve contribuire con ciò che equivale a una normale settimana lavorativa per ricevere l’intera prestazione assistenziale.
Per la sinistra nostrana una proposta del genere sarebbe razzista. Per loro dobbiamo accogliere tutti gli immigrati, clandestini compresi, dare loro sussidi a pioggia, non verificare se hanno i requisiti e non chiedere loro nessun impegno. Assurdo.
Ricordo che in Danimarca, dove gli immigrati e i loro discendenti rappresentano quasi il 15% della popolazione, ha deciso anche di chiudere le frontiere prevedendo che tutte le domande di asilo o di altre forme di protezione internazionale debbano essere vagliate in centri ubicati fuori dal territorio nazionale.
Che ne dicono i buonisti e i radical chic di casa nostra?